È nulla la clausola vessatoria che esclude il venditore/costruttore dal riparto delle spese condominiali
La recente sentenza del Tribunale di Bergamo del 5 dicembre 2022 affronta moltissime questioni tra loro interconnesse.
Due i temi principali: a) La valutazione sulla vessatorietà di una clausola inserita nel regolamento contrattuale condominiale che esclude il venditore/costruttore dal partecipare alle spese condominiali e la non tassatività delle ipotesi di clausole vessatorie indicate nell’articolo 33 (Dlgs 206/2005, Codice del consumo); b) L’eccezione d’invalidità della delibera assembleare in sede di opposizione a decreto ingiuntivo. Le parti Le parti del processo, che si svolge davanti al Tribunale di Bergamo, sono:
1) il condòmino attore/opponente a decreto ingiuntivo;
2) il veditore/costruttore;
3) il condominio (rappresentato da suo amministratore) che esige il pagamento delle spese condominiali e che ha ottenuto il decreto ingiuntivo opposto;
4) un terzo chiamato in causa (comproprietario dell’appartamento del condomino opponente).
L’oggetto del contendere La vicenda affronta il problema della validità di una clausola di un regolamento contrattuale condominiale predisposto dal costruttore/venditore che pone a carico degli altri condòmini, in deroga all’articolo 1123 del Codice civile, tutte le spese, ordinarie e straordinarie del condominio, «sino al completamento della costruzione degli immobili proprietà del costruttore/venditore e al loro accatastamento come finiti ».
Il condòmino attore ritiene tale clausola viziata di illegittimità per ragioni di fatto e di diritto che puntualmente intende far valere. C’è da aggiungere che il giudizio di merito ha origine da un’opposizione a decreto ingiuntivo emanato contro un condòmino (ora attore nella vertenza innanzi al Tribunale).
Al condòmino opponente era stato chiesto il pagamento delle spese condominiali sulla base di delibera assembleare di approvazione del riparto effettuato dall’amministratore nel rispetto del regolamento e con l’esclusione del costruttore/venditore dalla partecipazione alle spese. Il ricorso della parte attrice Il condòmino attore motiva l’illegittimità della clausola per le seguenti violazioni: a) Comma 2 dell’articolo 1341 Codice civile (condizioni generali di contratto); b) Comma 2 dell’articolo 33, lettera d, del Dlgs 206/2005 (Codice del consumo) in quanto trattandosi di clausola vessatoria avrebbe dovuto essere oggetto di specifica trattativa.
Precisava inoltre che, in sede di stipula dell’atto notarile, non era stata data lettura degli allegati tra cui era incluso anche il regolamento condominiale per cui non aveva avuto modo di rilevare il contrasto tra il regolamento e la clausola di esonero a favore del venditore/costruttore. c) Articolo 1355 del Codice civile (condizione meramente potestativa) in quanto l’avveramento della condizione dell’ultimazione dei lavori era rimessa alla mera volontà della parte venditrice. Le richieste del condominio Si costituiva il condominio che chiedeva, in via preliminare, di confermare la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto per improcedibilità, non avendo l’opponente avviato la procedura innanzi a un ente di mediazione ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del Dlgs 28/2010. L’eccezione più importante era, però, quella legata al fatto che l’opponente aveva fatto decorrere inutilmente i termini dei trenta giorni di cui al comma 2 dell’articolo 1137 del Codice civile, non potendosi far valere nel giudizio di opposizione al decreto emesso per il recupero di oneri condominiali questioni attinenti alla validità della delibera. Se accolta, tale eccezione avrebbe reso inutile l’esame della improcedibilità.
Nessuna approvazione per la clausola vessatoria negli atti pubblici Il venditore/costruttore contestava interamente le eccezioni del compratore in quanto questi era stato informato della clausola contrattuale (che aveva accettato espressamente) e che prevedeva l’esclusione del venditore dalle spese condominiali. Il compratore aveva, tra l’altro, ottenuto in sede di trattativa un certo prezzo dell’immobile in considerazione proprio della predetta clausola e in ogni caso la clausola vessatoria, trattandosi di atto pubblico, non aveva necessità di specifica approvazione.
Il terzo chiamato in causa faceva totalmente proprie le eccezioni e difese del condomino attore aderendo alle sue domande e conclusioni processuali. La valutazione oggettiva del giudice In via preliminare, il giudice ha dichiarato che sussistono i presupposti soggettivi per l’applicabilità della disciplina invocata dall’attore a tutela del consumatore, trattandosi di vendita di appartamento a uso abitazione e senza riferimento ad attività commerciali dello stesso. Non è tutto: il venditore/ costruttore ha venduto l’immobile nella sua qualifica imprenditoriale.
Pur escludendosi la riconducibilità della clausola a una delle ipotesi previste dall’articolo 33, comma 2 (Codice del consumo), ciò non esclude che il giudice non debba fare una valutazione oggettiva sulla vessatorietà o meno della clausola. Vantaggio ingiustificato del professionista La ripartizione delle spese condominiali sulla base della convenzione sui criteri di ripartizione predisposti dal «venditore/costruttore ed accettata dagli acquirenti nei singoli contratti di vendita è ammessa in linea di principio dalla giurisprudenza di legittimità» (Cassazione, 19832/2019; 16321/2016).
Lo squilibrio del rapporto contrattuale a favore del venditore è palese se si considera che, con quella clausola che pone a carico del compratore tutte le spese condominiali, di fatto si è inserito un elemento che fa nascere una obbligazione reale (propter rem) incidendo significativamente e a tempo indeterminato sul valore e quindi sulla commerciabilità del bene venduto. Conclude sul punto il giudice che nel «caso di specie, la clausola in esame risulta effettivamente idonea a realizzare un ingiustificato vantaggio esclusivo del professionista a danno del consumatore», la clausola deve considerarsi quindi nulla ai sensi dell’articolo 36, comma 1, Codice del consumo.
Cosa succede al decreto ingiuntivo L’accoglimento della domanda dell’attore non incide però sulla validità del decreto ingiuntivo opposto. La mancata impugnazione della delibera di ripartizione delle spese «con le forme e entro il termine di cui all’articolo 1137 del Codice civile, non impedisce di per sé l’esame della validità di essa nell’ambito del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per il pagamento delle spese». La rilevabilità anche d’ufficio dell’invalidità delle delibere sotto stanti nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali è ammessa solo nel caso che si tratti di vizi di nullità (in tal senso Cassazione 470/2019; 33039/2018; 22157/2018; 305/2016). Nel caso in esame, anche con riferimento alla giurisprudenza di legittimità (Cassazione, 9839/2021), le delibere contestate nella opposizione al decreto ingiuntivo non possono ritenersi nulle, bensì semplicemente annullabili. Non hanno, infatti, modificato i criteri di riparto in violazione dell’articolo 1123 del Codice civile, ma hanno semplicemente disposto la ripartizione tra i condòmini di spese particolari, nell’ambito delle attribuzioni riconosciute all’assemblea dall’articolo 1135, numeri 2 e 3.
La decisione del Tribunale La conclusione del giudice è per alcuni versi salomonica. Da una parte dà ragione al condòmino per la vessatorietà della clausola sulla ripartizione delle spese condominiali che dichiara nulla, ma per l’altro verso respinge la richiesta di annullamento delle delibere condominiali. Resta aperto il problema dell’efficacia della sentenza di nullità dell’imputazione delle spese condominiali ripartite in base a una clausola regolamentare nulla e ciò sia per le deliberazioni condominiali successive all’emanazione della sentenza, ma soprattutto sull’eventuale diritto di rivalsa per l’indebito pagamento del condòmino che ha subìto un riparto basato su una clausola vessatoria che ha avvantaggiato il costruttore/venditore.
Vincenzo Vecchio
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